Dacia Maraini incontra gli studenti del Chierici
Dacia Maraini, scrittrice, mito della letteratura italiana e straniera, fra le più tradotte al mondo, internata, dopo l8 settembre del ’43, nei campi di concentramento giapponesi, attivissima per su vari fronti, anche femminili, è stata ospite, giovedì 21 aprile, del liceo Chierici, conversando, online, con gli studenti in un dialogo serrato, intenso, sul drammatico momento che stiamo vivendo: la guerra in Ucraina. Le viene chiesto: è possibile far cessare le armi con una ‘Rivoluzione gentile’, così come ha intitolato un suo libro? Risponde Dacia Maraini: “E’ una domanda difficile. Non c’è risposta sicura di fronte a molte incertezze. Solo una cosa è certa: c’è stata l’invasione di un popolo sovrano. Sappiamo che è una guerra ingiusta, c’è la prepotenza di un regime dittatoriale, che vuol estendere i suoi spazi e la sua potenza. Distinguo il popolo russo, dal regime, che lo tiene sottomesso, che ha invaso l’Ucraina, che si sta difendendo in modo straordinario, dimostrando un grande amore per la patria”. Le domande incalzanti degli studenti riguardano l’informazione, eventuali cessioni di territorio da parte dell’Ucraina per la pace, la giustizia, le donne. Maraini risponde dicendo che tutti siamo coinvolti nella guerra anche spiritualmente, che il popolo ucraino si sta difendendo con molto coraggio, che resiste verso un atto di violenza e prepotenza. Parole ferme, coraggiose, appassionate, quelle della Maraini, che cattura l’attenzione degli studenti. Maraini fa notare che gli ucraini non difendono solo un territorio, ma la loro cultura, la libertà, l’autonomia, la democrazia. Si sofferma sull’importanza dell’informazione, dei giornalisti di tutto il mondo, che sono dei testimoni. Sugli stupri, dichiara che sono arma di guerra sul luogo sacro della nascita: simbolicamente si entra nel ventre di una donna con i carri armati, ciò sottende “un’idea terribile: questo figlio se nascerà, sarà figlio mio, non conquisto solo le tue terre, ma anche il tuo futuro”. “Ogni giorno mi stupivo-chiosa Maraini ricordando che è sopravvissuta a due anni di campo di concentramento- di essere viva. Quando la guerra finisce occorre affrontare dolore, memorie negative e farne materia di conoscenza e crescita: uno stato deve fare giustizia non la vedetta; la giustizia si avvale di valori”.
MB