FAMILIA UN FILM FIRMATO FRANCESCO COSTABILE

Da insegnante al grande successo come regista all’81° Festival del Cinema di Venezia col film: “Familia”. È il regista cosentino Francesco Costabile, 44 anni il 30 settembre prossimo, col suo secondo lungometraggio dal titolo “Familia”, che il 2 ottobre è distribuito in sala da Medusa Film. 

Il film è stato presentato al Festival di Venezia nella sezione Orizzonti, dove ha vinto il premio alla miglior interpretazione con l’attore Francesco Gheghi e la prestigiosa Segnalazione Cinema For Unicef. Costabile ha studiato al Dams di Bologna e al Centro Sperimentale di Cinematografia, è docente nella città felsinea all’Istituto tecnico ‘Aldini -Valeriani’ (dipartimento di Grafica e Comunicazione), precedentemente ha insegnato al liceo artistico ‘Gaetano Chierici’ di Reggio Emilia, regista del documentario: In “Un Futuro Aprile - Il giovane Pasolini” e del film “Una Femmina” (2022) vincitore di due Globi d’oro (Miglior esordio e migliore attrice protagonista). Il film Familia è di grandissima, angosciante attualità, nasce da una storia reale: un figlio che uccide il padre per le violenze e i maltrattamenti domestici, che compie per salvare la madre e il fratello. Lugi Celeste, adesso è un uomo libero, protagonista ed autore del libro ("Non sarà sempre così”) e del film mette a nudo in modo profondo le angoscianti e distruttive dinamiche della violenza domestica. 

Al regista chiediamo: come si intersecano il lavoro di docente e di regista?

“L’attività didattica e la scuola mi danno la possibilità di essere costantemente ancorato alla realtà. Stare in classe con gli studenti è un modo per conoscere le nuove generazioni, ciò arricchisce anche il mio percorso artistico.”

‘Familia’ è tratto dal libro: “Non sarà sempre così” di Luigi Celeste, scritto con Vittorio Moroni e Adriano Chiarelli.

“Il libro si ispira alla storia vera di una famiglia con un padre violento, indagando le dinamiche psicologiche in una relazione tossica. Il film nasce dall’incontro con questo libro e con la famiglia Celeste, a cui è seguito un percorso di ricerca e scrittura nei diversi centri antiviolenza. La materia narrata è stata già indagata nel primo film: ‘Una Femmina’. In ‘Familia’ ho esplorato, in profondità, i meccanismi psicologici dominanti nei contesti familiari violenti”.

Ci sono intrecci con la sua storia personale?

“Da sempre combatto contro un sistema patriarcale, per cui la materia di questo film è assolutamente personale”.

Chi è l’attore protagonista? 

“E’ Francesco Gheghi, scelto dopo numerosi casting a Roma. Ho scelto questo attore, perché riesce a raccontare, con la sua fisicità e con il suo sguardo, il conflitto interno tra rabbia e desiderio di amore”

Qual è lo stretto legame tra “Familia” e “Una Femmina”? 

“Una ‘Femmina’ è stato un viaggio nella mia terra, nel mio immaginario, con ‘Familia’ ho allargato lo sguardo e la narrazione verso una tematica e un fenomeno generale, accessibile a tutti, perché la violenza di genere è universale e transculturale.”

 Qual è la contaminazione tra i due film?

“Entrambi lavorano sul genere cinematografico. ‘Familia’ è un melodramma nero, contamina diversi linguaggi del cinema di genere: dal thriller psicologico, al cinema horror fino al film a tematica sociale. In questa contaminazione c’è il desiderio di sperimentare, coinvolgere lo spettatore, andare in profondità e rendere questo racconto universale. Il cinema, come strumento esperienziale, permette di conoscere microcosmi inaccessibili, di sviscerare le emozioni, aprire la narrazione ad una complessità di sguardo e di pensiero. ‘Familia’ si pone questo obiettivo: raccontare la violenza, soprattutto, quella psicologica e assistita, mostrarne le ferite profonde che segnano l’infanzia, per sempre.”

Il senso del film Familia.

“Il film è un atto di denuncia, un monito ad ascoltare e intervenire ad ogni minimo segnale, ad ogni richiesta di aiuto; perché spesso le denunce e le segnalazioni finiscono nei meandri burocratici. La storia della famiglia Celeste racconta anche questo, perché viene abbandonata, finisce per implodere su sé stessa, con tragiche conseguenze.”

La scenografia del film.

“L’intera architettura visiva del film si sintetizza in un unico ambiente che, a livello simbolico, racchiude l’intera narrazione. L’immaginario del film ruota attorno all’idea di ‘carcere’. Gigi, il protagonista è prigioniero di innumerevoli gabbie, innanzitutto emotive. ‘Familia’ dovrebbe restituire, soprattutto sul piano scenografico, l’idea di compressione, prigione emotiva”. 

L'ambientazione.

“Una periferia violenta, ai confini con la città, dove finisce il cemento e inizia la campagna romana, formando un ossimoro visivo, che restituisce la violenza del racconto. La struttura è fatta di quinte, soglie da superare, impedimenti, geometrie rigide. Qualsiasi operazione artistica, per me, deve essere subordinata all'emozione e al racconto cinematografico. Costruendo una base solida di realtà è possibile trasfigurare, utilizzare i generi cinematografici, senza perdere di intensità e valorizzando l’intera opera.”

La misura nel film.

"Un materiale drammaturgico così denso, rischia di essere sovrabbondante, sovraccarico, perdere la sua forza ed emotività.  Occorre dedrammatizzare, dosare le emozioni, senza depotenziare il racconto cinematografico. È un lavoro importante, perché la struttura ellittica, a tratti sincopata, della sceneggiatura, mi ha fatto riflettere sul punto di vista. Nel mio cinema è molto importante stare vicino all’attore, esplorare i suoi stati psicologici attraverso il primo piano. Questa intenzione va calibrata con i ‘pesi specifici’ del film, a volte è necessaria una distanza, uno sguardo meno partecipe. Una differenziazione del punto di vista che è fondamentale per equilibrare la materia del film stesso.” 

Pasolini e il Neorealismo quanto sono  importanti per la sua cinematografia?

“Nella mia formazione cinematografica Pasolini ha sempre avuto un ruolo centrale, credo che il mio amore per le facce, per i corpi, derivi proprio da questa formazione pasoliniana. Così come l'aderenza per la realtà che non esclude l’astrazione e la trasfigurazione. Credo che il mio cinema abbia varie influenze cinematografiche sempre in relazione al cinema neorealista e al grande melodramma americano e italiano, in primis Luchino Visconti.”

MB